THE SECRET OF LOVE

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La video installazione “The Secret of Love” è caratterizzata da un’estetica altamente riconoscibile come quella dei gangster movies americani degli anni ‘40 e ‘50. A questo tratto distintivo, strettamente statunitense, fa da contrappunto il sound mediterraneo di Raiz che si apre di fatto alle culture del resto del mondo. In questo gioco delle parti, due realtà dissimili coesistono sulla medesima linea temporale, creando un ibridazione multirazziale e multiculturale che si poggia su di un equilibrio soffice e passionale.

Inoltre a differenza del cinema come nel videoclip, in questo caso  la musica non sottomette l’immagine e l’immagine non sottomette la musica, la parità è stata la ricerca dell’artista.

 

 

video/installation
2011
3′ 45”

 

Work Information

 Video:

Author: Roxy in the box

Original Title: the Secret of Love

Category: videoinstallation

Production year: 2011

Production country: Italy

Duration (min): 3′ 45”

Original language: neapolitan dialect (Italy)

Costume designer:  Alessandra Gaudioso

Production: NFI

Actors:

Police inspector: Raiz

Policeman: Antonio Maiorino

Her: Roxy in the box

Song:

title: ‘A Rosa e int’ ‘o ciardino mio

Authors: G. Della Volpe (RAIZ) – A. Medina

Singer: Raiz

Ed. Bustin’ Loose ltd-Imagem Music

From Raiz’s Album “YA”

Universal Music Italia 2011

 

Video/installazione

Museo CAM

PADIGLIONE ITALIA  ALLA 54. BIENNALE DI VENEZIA

the secret of love the secret of love

 

Roxy in the box e la sua meravigliosa immobilità. C’è tutta l’anima pop-rock dell’artista, fatta di lustrini e di polvere, nella sua ultima creazione, “The secret of love”, in mostra al Contemporary art museum di Casoria fino al 30 gennaio 2012, nell’ambito di “Campania Senses”, sezione regionale della cinquantaquattresima Biennale di Venezia — Padiglione Italia, a cura di Vittorio Sgarbi. Una videoinstallazione che riprende l’estetica pop della collana editoriale “Women in crime”, un cult nell’America degli anni Cinquanta, e la declina in un sound mediterraneo che fa da ponte tra tempi e culture diverse. Protagonisti la stessa Roxy, che veste i panni della donna criminale, il cantautore Raiz, che interpreta l’ispettore, e Antonio Maiorino, nel ruolo del poliziotto. L’azione è ferma. Sospesa nel momento infinito in cui l’uomo raggiunge la donna per assicurarla alla giustizia. Ma la mano è pietosa e innamorata. Nell’assoluta immobilità dei personaggi, l’unica figura in movimento è quella di Raiz, che intona “‘A rosa ‘e int’ ‘o ciardino mio”, rielaborazione di un tradizionale motivo israeliano, contenuta nell’album “Ya”. Una dichiarazione d’amore che cade nel vuoto e si perde nella freddezza, nel silenzio, nell’assoluta passività della donna. «Nel video non succede nulla — spiega Roxy — si tratta di una proiezione verticale in cui manca un’azione vera e propria. Le sonorità mediterranee di Raiz penetrano nell’iconografia pop in una contaminazione tra genere e immagine che non crea movimento». Un tributo all’immobilità, insomma. Praticata e subita. Invocata e deprecata. L’immobilità dell’uomo, della creazione, della città. «Nel video descrivo una situazione che mi appartiene — continua l’artista — La mia immobilità è una sorta di azione passiva. Siamo in copertina, tutti in vista, ma nessuno ci legge realmente. Intorno c’è la bellezza, ma non avviene niente. So di poter far tutto, gli altri sanno che io esisto ma si resta in sospensione, in attesa. La dichiarazione d’amore dell’ispettore all’assassina è la stessa che ogni giorno faccio a me stessa». La lettura estetica dell’opera è veloce, immediata. Ma è tra le righe che si nascondono scorci inaspettati. «Fondamentale per me è stato il confronto con Raiz — spiega Roxy — e con la sua interpretazione. La sua donna criminale, l’oggetto/soggetto che canta e a cui si rivolge lui, è Napoli. La città che resta ferma, passiva, malgrado l’amore che le si comunica». Uno spazio immobile che facilita la produzione artistica ma che non offre spazi espositivi né una rete territoriale capace di fare sistema. «Napoli è un’istallazione a cielo aperto. Ma è ferma. Per quindici anni la città è stata un punto di riferimento per l’arte contemporanea. Ci si può prendere una pausa, in virtù di emergenze da fronteggiare, ma bisogna assicurare la continuità, per non perdere un patrimonio acquisito che può e deve diventare fonte di ricchezza per il territorio — vibra l’artista — Laddove ci sia un futuro per l’arte contemporanea in città, sia anche e soprattutto legato al territorio. L’arte può e deve essere una voce attiva nell’economia cittadina. Penso al turismo, alla fruizione dall’estero. Ma al momento manca del tutto l’interazione con l’esterno, con gli altri Paesi». E taglia in breve le polemiche sulla cosiddetta “Biennalina”: «Io dico sì al Cam per dare un segno forte che il territorio c’è, che ci sono energie in movimento, che sotto la cenere cova il fuoco. In questa ottica, la Biennale regionale è un progetto meraviglioso. Sgarbi dice che la città è morta. Ebbene, non lo è. Assolutamente. Ma è ferma. C’è tanta gente che combatte quotidianamente la sua battaglia per l’arte e la cultura, ma è difficile che trovi spazi. Le mie visioni si realizzano grazie a un lavoro collettivo che coinvolge tante giovani realtà e professionalità del territorio: i produttori Roberto Russo, Vincenzo Pascolo e Paolo Barone della Nfi; il fotografo Biagio Chianese; la costumista Alessandra Gaudioso; il truccatore Roberto Pastore». E questa è la meravigliosa immobilità di un’anima pop-rock.

di Geppina Landolfo

 

 

 

Backstage 
photo by Biagio Chianese