MESSAGE IN A BUBBLE

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Il caleidoscopico universo dell’immaginario pop diviene un pretesto, un vivace ma solido muro di emozioni contro il quale si infrange ogni bolla di sapone, labile involucro delle nostre verità  e delle nostre bugie. Dall’arte come menzogna portatrice di verità assolute sino al caduco sfarzo dello star system passando per il microcosmo delle relazioni interpersonali, ogni cosa ondeggia su di un sottile confine dove ogni bugia diviene  prezioso ornamento della banale verità ed ogni verità si insinua fra colorate nuvole elusive. Il quotidiano rituale dell’inganno è alimentato da una  compulsiva energia che spinge l’essere umano all’eccessiva esagerazione delle proprie qualità, alla negazione di cocenti realtà sepolte da facili leggerezze con l’obiettivo di preservare un amore, di fiaccare la forza di un avversario, di erigersi a figura invincibile ed onnipotente. Come la mortale drosera attrae la sua preda grazie alle sue tinte vivaci, l’arte dell’imbroglio nasconde un nero cuore malato che pulsa in un corpo seducente fasciato in drappi sfavillanti ed iridescenti. Colori che ammaliano pericolosamente chiunque li osservi.

L’inganno e l’arte, l’artificio e la grande illusione. Tali concetti viaggiano su linee parallele poiché l’arte racchiude in sé per definizione l’attività dell’uomo di modificare la realtà per determinati fini ed il suo disperato tentativo di imitare la natura delle cose. L’artificio e la grande illusione dei quindici minuti di celebrità rappresentano il motore che alimenta il pensiero filosofico dell’opera di Andy Warhol, un universo fondato sulla mitizzazione di simboli dello spettacolo come Marilyn Monroe ed Elvis Presley, personaggi di potente carica estetica che nascondono un fragile profilo psicologico. L’artificio e la grande illusione di Alejandro Jodorovskj che nel suo lungometraggio La montagna sacra fa esplodere la bolla della finzione scenica, rivelando allo spettatore l’intero set cinematografico celato dietro ai personaggi impegnati nella ricerca dell’immortalità mentre la voce fuori campo tuona: «Siamo tutti ancora più mortali che mai e questo è solo un film. Macchina indietro!».

Per meglio indagare questa intricata interconnessione tra verità e menzogna, Roxy in the box si getta su sentieri già battuti dai citati maestri, vestendo i panni di ciarlatano e sacro sciamano che avvolge l’elemento artistico in un mantello di illusioni, confondendo ed incantando la percezione visiva con trucchi scenici che si alternano a brucianti realtà. Nelle bubbles della sardonica e pungente artista ogni faccia ed ogni cosa galleggia placidamente nell’etere, pronta ad esplodere liberando il suo reale contenuto emozionale. Un gioco a carte scoperte che mette a nudo la verità della bugia e la bugia della verità, condannando ed osannando allo stesso tempo le due facce della medesima medaglia.

Nulla sfugge a questa avviluppante meccanica visiva, Roxy in the box elabora due interventi video costituiti da una falsa conversazione in chat ed un’irriverente danza che mostra l’artista ed il performer intenti a soffiar incessantemente e reciprocamente bolle di gomma da masticare che deflagrano sui loro volti invadendoli della loro stessa incomunicabilità. Elementi visuali che si scagliano in tutta la loro leggerezza contro la gaia vuotezza di un sentimento amoroso costruito su autenticità negate e malcelate ipocrisie. Dissacranti tondi come bolle di profumato sapone offuscano l’effettiva solidità di starlettes costruite a tavolino che crollano a terra sotto il peso della loro stessa celebrità mentre l’arte, suprema bubble, giace inerme, schiava della figura dell’artista non più esecutore delle proprie idee ma moderno imprenditore con artigiani al seguito. Una violenta critica che nasconde anch’essa, dietro l’incontinente verbosità narcisistica, uno scanzonato ma profondo sentimento di ammirazione verso il simbolo estetico dell’artificio e della grande illusione, l’immaginario popolare che conquista le masse.

La mano di Roxy in the box è veloce, immediata nella rappresentazione stilistica di forme e colori che occupano piani ben delimitati pur mantenendo una precisa resa dei particolari. Tinte accese fanno da contrappunto alla monocroma solidità delle figure in primo piano che si riallacciano ai canoni classici della pop couture statunitense. Un tripudio di ombre, mezzitoni e masse luminose che delineano i tratti somatici e creano estremo movimento all’interno dell’azione. Il taglio prospettico è diretto, in un’alternanza di primi e primissimi piani che emergono dalla superficie rivoluzionandone i confini fisici. Componente fondamentale di ogni opera è il verbo, lo slogan che esautora ogni pomposità apparente e smaschera le reali intenzioni di ogni personaggio incarnandone i vizi capitali.

Roxy in the box , nella sua ostentata raffigurazione della bugia sotto forma di candida bolla, non limita la sua indagine alla ricerca assoluta della verità ma si ripropone di ricreare il momento mistico e magico in cui ogni spettatore accetta impassibile, incantato e divertito ogni trucco o finzione che lo spettacolo della vita pone innanzi ai propri occhi.

Micol Di Veroli

 

 

installazione acrilico su mdf 2008

installazione
acrilico su mdf
2008

 

 

 

 

 

LE VOILÀ MESSAGE IN A BUBBLE

video dvd

3’49”
2006

 

 

 

 

pubblicato mercoledì 23 aprile 2008 exibart

Le mille bolle blu, colorate e gioiose cantate da Mina, sono proprio da archiviare. Con Roxy in the Box il motivo è diventato un jingle da discoteca, il sapone è ora gomma da masticare e il mondo regala sogni solo a chi afferma la propria immagine con glamour e sex-appeal, senza rimanere soffocato dalla polvere di stelle nell’universo di vanity fame costruitosi.

Si sviluppa così un concetto a tratti autobiografico -di arte e amore, verità e bugie, illusioni e falsità- che lega tra loro quattro opere pittoriche, un video e una video-chat. Si schiudono sulla parete, come i petali di un fiore, i 42 tondi ad acrilico su tavola di Message in a Bubble, un luogo circoscritto dove l’immaginazione diviene un medium per raffigurare persone e personaggi. Volti sconosciuti di chi resiste, vincendo battaglie personali, di chi chiedendo un abbraccio fa da contrappunto alla voglia di condividere in Sharing bubbles, mentre per qualcun altro The bubble has burst, il sogno o l’incantesimo della vita è scoppiato mettendo a nudo la durezza della realtà. Messaggi d’amore e speranza sono contenuti invece nella coppia che soffia su una nuova bolla in Forever, tutti caratterizzati da scritte brevi, da leggere in velocità come uno slogan pubblicitario, con una grafica riconducibile a quella dei comics, dei font da spot e da computer.

Volti in altri casi riconoscibili consacrati come un re e una regina, ossia il Mario Merola di W il King e A royal bubble con tanto di corona per Lady D. I ritratti hanno la forza delle stampe, marchiati con forza dal nero nei contorni e risaltati da sfondi colorati in arancione, viola fino al verde riempitivo di un vuoto Flusso di incoscienza che ha colpito Britney Spears. Nella rielaborazione della copertina della rivista “Max” con l’aggiunta di scritta e flebo, la cantante è per l’artista l’incarnazione del personaggio costruito a tavolino, un’arte operazione di marketing fallace. La sua è una bolla Toxic, come forse profeticamente cantava anni fa.

Roxy trasforma a proprio piacimento i riferimenti formali del pop, facendoli scivolare nella dolce disco-canzoncina di Le voilà, video in cui compare accanto al performer Gennaro De Masco, una trasformista e un marinaretto che si alternano su una tappezzeria di fiori coloratissimi, sparandoci in faccia le loro big bubble masticate voluttuosamente. Sensualità e desiderio, fragilità e smarrimento in un mondo dove “l’immaginario pop diviene un pretesto, un solido muro di emozioni contro il quale si infrange ogni bolla di sapone, labile involucro delle nostre verità e delle nostre bugie”, come scrive Micol Di Veroli. Termini che ritornano in Just Labial, labbra carnose che si schiudono, ammiccano invitando e rifiutando mentre scandiscono le parole chiave di “amore, arte, bubbles”.

Il message in forma evanescente di bolla, lanciato nel mare della

Rete è infine raccolto da Vissi d’amore vissi d’arte e Sono tutte bubbles, i protagonisti della video-chat. Il primo è un anonimo inquilino della bolla e il secondo un disilluso realista, a cui i rimasugli di sapone sono rimasti attaccati sulle scarpe.

 

Irene Tedesco

 

 

 

STILL BUBBLES



 

 

 

JUST LABIAL

justlabial

 

 

 

IL FLUSSO DI INCOSCIENZA

acrilico su tela 180cm x 150cm 2008

acrilico su tela
180cm x 150cm
2008

Le icone e le molteplici mitologie quotidiane del pop. Un viaggio pittorico in cui il pathos della vita reale

si mescola con l’ironia apparente del glamour da copertina. Il corpo falsato del divismo come catalizzatore energetico

per filtrare la vita reale dell’artista trasformista.

Gianluca Marziani